Nuovo antipsicotico con potenzialità
antidepressiva
LUDOVICA R.
POGGI
NOTE E NOTIZIE - Anno XVIII – 18 dicembre
2021.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
La ricerca sui famaci di terza generazione
per il trattamento delle psicosi procede con impegno in tutto il mondo
e, nonostante i limiti e i difetti di cui abbiamo spesso trattato, per i quali
solo una piccola frazione delle molecole indagate raggiungono la fase di
sperimentazione clinica, sono venuti di recente all’attenzione vari composti
che meritano attenzione e prosieguo delle verifiche. Fermo restando che la
neurobiologia delle psicosi rimane un campo di intense ricerche dai cui esiti
si spera di ottenere in un prossimo futuro un preciso orientamento per nuove
terapie che agiscano su eziologia e patogenesi, soprattutto fornendoci
indicazioni per decodificare le alterazioni in termini di fisiologia dei
sistemi neuronici e di rapporti fra sistemi, oggi si proseguono gli studi sulla
falsariga dell’impostazione classica che mirava ad identificare composti in
grado di ridurre gli scompensi nei sistemi neurotrasmettitoriali, principalmente
interferendo con classi specifiche di recettori dei neurotrasmettitori.
I farmaci della prima generazione, che generalmente
sono presentati con cenni storici sull’origine del primo fenotiazinico isolato
da un cocktail anestetico, dunque secondo la “storia farmacologica dei composti”,
possono inquadrarsi nell’ambito terapeutico in una concezione dicotomica della
clinica psichiatrica, che distingueva le psicosi, quali disturbi ai
quali si attribuiva un’eziopatogenesi prevalentemente cerebrale con una forte
componente genetica ereditaria e caratterizzati da deliri, allucinazioni e alterazioni
della personalità con progressiva perdita dello status mentale fisiologico,
dalle nevrosi, quali disturbi caratterizzati prevalentemente da
sofferenza soggettiva e ansiosa potenzialmente in grado di interessare ogni
persona in un periodo della vita. Per questo motivo, i farmaci agenti sulle
psicosi erano definiti tranquillanti maggiori, mentre quelli efficaci
sulle nevrosi si definivano tranquillanti minori.
Successivamente, per i tranquillanti maggiori si
riconobbe una dimensione più specificamente volta ad affrontare il problema
generalmente cronico e grave delle varie forme di schizofrenia, della paranoia
e del disturbo bipolare, denominandoli antipsicotici, mentre ai
tranquillanti minori si riconobbe il ruolo di molecole attive contro sintomi
delle nevrosi – e in particolare l’ansia, ma presenti anche al di fuori di un
definito quadro clinico nevrotico – denominandoli sedativo-ipnotici o
ansiolitici. La definizione di neurolettici per gli antipsicotici,
oggi ritenuta antiquata, era in realtà più scientifica perché si riferiva alla
qualità accertata sperimentalmente di sopprimere movimenti spontanei e comportamenti
complessi, senza implicare un’azione curativa della psicosi, mai dimostrata.
Gli antipsicotici classici sono classificati come
derivati delle seguenti classi: 1. Fenotiazinici, 2. Tioxantenici, 3. Butirrofenonici,
4. Difenil-butil-piperidinici, 5. Dibenzossazepine, 6. Dibenzodiazepine, 7.
Diidroindolici, 8. Benzamidi, 9. Tiazine, 10. Acridanici.
Da un punto di vista farmacodinamico gli
antipsicotici classici sono tutti caratterizzati dalla proprietà di
antagonizzare in sede recettoriale, al livello pre- e post-sinaptico, l’azione
della dopamina o di altri agonisti specifici di questo neurotrasmettitore
cerebrale. Tale azione farmacologica, si esplica sui diversi sistemi
dopaminergici cerebrali, oltre che sui recettori dopaminergici distribuiti sui vari
organi e tessuti periferici. Oltre a questa azione principale, per la quale
erano stati principalmente studiati questi farmaci, a fronte della vecchia “ipotesi
dopaminergica delle psicosi” basata sull’eccesso di attività dopaminergica dei
circuiti meso-cortico-limbici psicotici, alcuni farmaci antipsicotici
presentano interferenze con altri sistemi neurotrasmettitoriali, quali il
blocco dei recettori α-adrenergici (clorpromazina, clozapina), blocco dei
recettori centrali colinergici di tipo muscarinico (clozapina), blocco dei
recettori istaminici H1 (clorpromazina), blocco dei recettori serotoninergici
5-HT2 (spiroperidolo).
Dopo gli antipsicotici di seconda generazione, sono
stati introdotti farmaci che intervengono sui sistemi che trasmettono mediante glutammato,
la cui importanza nella fisiopatologia psicotica era stata sostenuta già oltre
vent’anni fa dal nostro presidente, che è stato anche il primo a criticare le
ipotesi che legavano la fisiopatologia dei disturbi mentali all’alterazione di
un solo trasmettitore, non analizzando l’insieme dei sistemi neuronici
cerebrali implicati.
Un elemento caratteristico e distintivo degli
antipsicotici di terza generazione (TGA) è l’attività di agonisti parziali
dei recettori della dopamina D2 (DRD2). Ma, accanto a questo ruolo
farmacodinamico, i TGA per la loro struttura agiscono anche da antagonisti
o deboli agonisti parziali dei recettori 2A della 5-idrossitriptamia o
serotonina (5-HT2AR). Zhangcheng Chen e
colleghi, basandosi su uno studio strutturale, hanno definito il profilo di un
nuovo farmaco antipsicotico di terza generazione con potenziali proprietà
antidepressive.
(Chen Z., et al., Structure-based
design of a novel third generation antipsychotic drug lead with potential
antidepressant properties. Nature Neuroscience - Epub ahead of print doi:10.1038/s41593-021-00971-w, 2021).
La provenienza degli autori è la seguente: State Key Laboratory of Molecular Biology, Shanghai
Institute of Biochemistry and Cell Biology, Center for Excellence in Molecular
Cell Science, Chinese Academy of Sciences, University of Chinese Academy of
Sciences, Shanghai (Cina); Institute of Neuroscience, State Key Laboratory of
Neuroscience, CAS Key Laboratory of Primate Neurobiology, CAS Center for
Excellence in Brain Science and Intelligence Technology, Chinese Academy of
Sciences, Shanghai (Cina); Institute of Molecular Enzymology, Soochow
University, Suzhou (Cina).
Chen e colleghi presentano le strutture in forma di
cristallo di aripiprazolo-5-HT2AR e cariprazine-5-HT2AR,
ossia due molecole ad azione antipsicotica legate a questa sottoclasse dei
recettori serotoninergici umani.
Entrambi questi TGA adottano un inatteso disporsi “sottosopra”
nella tasca di legame molecolare della proteina recettoriale 5-HT2AR,
con farmacofori secondari inseriti in un modo simile a quello di un “fulmine”.
Ricordiamo, per il lettore non specialista, che la
definizione di farmacoforo, proposta per la prima volta da Paul Ehrlich
nel 1909, si riferisce alla più piccola unità strutturale della molecola di un
farmaco responsabile della sua attività biologica. Questa nuova conoscenza del
modo di legame dei TGA ha offerto quale evidenza un meccanismo strutturale
sottostante la loro efficacia varia e parziale sui 5-HT2AR serotoninici
e sui DRD2 dopaminici.
Lo studio di queste strutture ha consentito di
delineare il profilo di un agonista parziale di DRD2/3 e di 5-HT1AR,
con trascurabile legame a 5-HT2AR, che mostrava una potente attività
nel topo equivalente a quella antipsicotica nell’uomo, senza effetti
collaterali sul versante motorio.
Questo nuovo possibile capostipite di TGA aveva
anche effetti simil-antidepressivi e di miglioramento della prestazione cognitiva
in modelli murini, farmacodinamicamente attraverso la
sede d’azione dei 5-HT1AR.
Al di là dell’effettivo valore del nuovo modello di
farmaco per il trattamento delle psicosi individuato dai ricercatori cinesi,
questo studio sembra con affidabile certezza aver stabilito un fatto, ossia che
il legame al recettore 5-HT2A non può considerarsi indispensabile o,
per meglio dire, l’affinità per questa sottoclasse di recettori della
serotonina può ritenersi del tutto superflua ai fini dell’effetto
terapeutico del nuovo TGA.
L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione
“NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Ludovica R. Poggi
BM&L-18 dicembre
2021
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